Sostenibilità e imballaggi: il Regolamento Ue tra luci e ombre
Focus sulla proposta di regolamento sugli imballaggi del Parlamento Europeo: le considerazioni del sistema Confcommercio e le analisi dei rischi sui contenitori riutilizzabili.
Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato, il 18 dicembre scorso a Bruxelles, un accordo sulla proposta di regolamento sugli imballaggi, con il voto contrario dell’Italia, rappresentata dal ministro dell’Ambiente e la Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Un orientamento che “risente di un approccio fortemente ideologico, che contiene norme inadeguate rispetto al contesto economico e sociale del nostro Paese che rischiano, in assenza di modifiche significative, di travolgere interi settori del Made in Italy”. Questo il commento a caldo di Confcommercio Imprese per l’Italia, seriamente preoccupata per le ripercussioni che la nuova Direttiva porterebbe sul tessuto economico delle imprese.
In questo articolo, analizzeremo gli svantaggi della proposta di revisione del Regolamento, come ad esempio la crescita esponenziale dei costi, i maggiori rischi di contaminazione causati dai nuovi imballaggi riutilizzabili e l’aumento significativo del consumo di acqua per la produzione dei nuovi contenitori riciclabili.
La nuova proposta di modifica della Direttiva sugli imballaggi da parte della Commissione europea sta cercando di affrontare, tra le altre cose, il problema della crescita dei rifiuti da imballaggio. La soluzione che sta portando avanti l’Ue è quella di una progressiva sparizione degli imballaggi usa e getta dalla vita quotidiana dei cittadini europei entro il 2030. Ma è proprio vero che gli imballaggi riutilizzabili sono più sostenibili di quelli monouso?
Secondo Confcommercio, introdurre vincoli rigidi e target sul riuso, oltre a numerosi divieti e restrizioni per varie tipologie di imballaggio, non solo entrerebbe in conflitto con le regole di protezione e conservazione degli alimenti e di tutela della salute del consumatore, ma genererebbe anche un maggior inquinamento ambientale, dovuto ad esempio al trasporto di ritorno degli imballaggi dopo il loro uso, nonché al lavaggio e all’asciugatura, che impiegano più energia, più acqua e più risorse di quelle necessarie per la produzione e l’utilizzo di imballaggi usa e getta.
“A subire i danni peggiori – ha proseguito la Confederazione – sarebbero tutti gli utilizzatori di imballaggi ed, in particolare, le imprese della filiera alimentare, la piccola, la media e la grande distribuzione organizzata, gli operatori della ristorazione, del vending, dell’intrattenimento e del turismo, e molti altri comparti fra essi strettamente interconnessi” (qui il position paper integraledi Confcommercio).
Al momento la proposta di revisione del regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio è in fase di discussione in sede di trilogo (negoziati informali cui prendono parte alcuni rappresentanti di Parlamento, Consiglio e Commissione Ue, N.d.R), che si terrà a Bruxelles il prossimo 4 marzo, e punterà su prevenzione e riutilizzo, obiettivi pur condivisibili in termini generali, ma che secondo la Confederazione devono essere perseguiti attraverso modelli coerenti con le caratteristiche e le esigenze del sistema di imprese che operano nella filiera degli imballaggi. Inoltre prevenzione e riuso non possono essere visti come l’unica opzione, ma devono andare ad aggiungersi ai modelli positivi di riciclo che si sono sviluppati in questi anni anche sulla base del precedente quadro normativo.
Si introducono nuovamente, poi, divieti e restrizioni per numerose tipologie di imballaggio monouso. Il rischio, secondo la Confederazione, è che la posizione del Consiglio conduca a un mercato europeo frammentato e, paradossalmente, alla produzione di una maggiore quantità di rifiuti da imballaggio, difficili da riciclare.
“I giusti obiettivi della transizione ecologica che l’Europa e i suoi Stati membri intendono perseguire non devono compromettere la crescita e la competitività dei sistemi economici che, ancora oggi, risentono degli effetti delle molteplici crisi, sanitarie, sociali, economiche e geopolitiche, che si sono susseguite nel volgere di pochi anni”, ha concluso Confcommercio.
L’analisi di Confcommercio, valutazioni e criticità
Il testo del Consiglio introduce nuovamente target stringenti sul riuso, oltre a divieti e restrizioni per numerose tipologie di imballaggio. Per fare qualche esempio, non potranno più essere immessi sul mercato:
- imballaggi di plastica utilizzati nel punto vendita per raggruppare prodotti venduti in bottiglie, lattine, vasi, vaschette e pacchetti progettati come imballaggi pratici per consentire o incoraggiare il consumatore ad acquistare più di un prodotto;
- imballaggi monouso per:
- frutta e verdura fresca preconfezionata inferiore a 1,5 kg (in plastica);
- alimenti e bevande riempiti e destinati al consumo nei locali del settore Horeca (Hotellerie-Restaurant-Cafè) e le porzioni individuali di condimenti, conserve, salse, panna da caffè e zucchero;
- alimenti e bevande riempiti e consumati all’interno dei locali del settore Horeca.
Per Confcommercio l’introduzione di divieti e restrizioni per queste tipologie di imballaggio non solo può andare contro le regole di protezione e conservazione degli alimenti e di tutela della salute del consumatore, ma può generare anche un maggior inquinamento ambientale dovuto ad esempio al trasporto di ritorno degli imballaggi dopo il loro uso, nonché al lavaggio e all’asciugatura, che impiegano più energia, più acqua e più risorse di quelle necessarie per la produzione e l’utilizzo di imballaggi monouso.
Deve poi essere considerato che i sistemi di imballaggio riutilizzabili presentano maggiori rischi di contaminazione incrociata dovuti a pulizia e trasporto, mentre al contrario gli usa e getta possono garantire che il cibo rimanga fresco più a lungo rispetto a quando conservato in contenitori riutilizzabili. Gli esercizi commerciali, poi, devono poter rifiutare un contenitore fornito da un cliente se lo ritengono non igienico o inadatto al cibo o alla bevanda venduti. La salute e la sicurezza alimentare dei consumatori e del personale non devono in alcun modo essere compromesse rispetto ad altri principi e devono costituire la massima priorità, in linea con la legislazione alimentare della UE.
Come abbiamo detto, l’energia necessaria per la sanificazione degli imballaggi riutilizzabili comporterebbe poi ulteriori costi aggiuntivi per tutti gli operatori economici e i consumatori. Secondo infatti un recente studio di A.T. Kearney commissionato da McDonald’s, lavare gli imballaggi riutilizzabili porterebbe:
- ad un consumo di acqua da 1 a 4 miliardi di litri aggiuntivi;
- ad un aumento delle emissioni energetiche del 50% per i pasti in loco e del 260% per l’asporto.
Considerato l’approccio restrittivo adottato dal Consiglio, per Confcommercio sarebbe quantomeno opportuno che le proposte approvate dal Parlamento concedano alle imprese più tempo per adeguarsi ai nuovi formati di imballaggio, posticipando l’introduzione dei divieti al 1° gennaio 2030.
Per quanto riguarda, invece, il divieto dei cosmetici monouso nelle strutture ricettive, Confcommercio si allinea con i tentativo del Parlamento europeo di limitarlo ai cosmetici monouso in miniatura di plastica, al fine di poter mantenere standard alti di igiene e sicurezza e, soprattutto, evitare il conseguente e inevitabile passaggio a sistemi di ricarica che, ad oggi, si sono rivelati alquanto costosi. Servirebbe però un chiarimento sull’ambito di applicazione del termine “cosmetici”.
Altrettanto critica è la proposta del Consiglio di obbligare gli operatori Horeca con una superficie superiore a 100 mq di ritirare gratuitamente tutti gli imballaggi riutilizzabili e gestire la restituzione nei depositi. Solo per gli operatori della ristorazione, la norma colpirebbe oltre 130mila unità, con importanti oneri economici per gli operatori legati alla gestione degli spazi adibiti a depositi e all’eventuale assunzione di ale per l’amministrazione dei medesimi. Più condivisibile, invece, l’approccio del Parlamento europeo che estende la superficie di vendita da 100 a 200 mq per esentare gli operatori dall’obbligo di raggiungere gli obiettivi indicati dall’articolo 26 (Obiettivi di riutilizzo e ricarica).
Altro aspetto fortemente negativo, perché distorsivo delle dinamiche di mercato, la proposta del Parlamento di imporre alla ristorazione l’obbligo di fornire acqua di rubinetto gratuitamenteai clienti. In primo luogo perché si andrebbe contro la Direttiva sull’acqua potabile 2020/2184, inoltre l’acqua del rubinetto comporta un costo mensile per le attività di fornitura. Se poi si tiene conto che l’81% delle bottiglie utilizzate nei ristoranti è di vetro, è chiaro come la proposta colpirebbe solo i ricavi degli esercenti, senza affrontare il reale problema del consumo di acqua in bottiglie (di plastica) monouso in ambito domestico.
Infine rimangono le criticità legate all’obbligo di cauzionamento. Il Consiglio ha previsto l’esenzione per gli Stati membri con un tasso di raccolta differenziata superiore al 78% entro il 2026. Però in Italia il tasso di raccolta è ad oggi al 65,2% e difficilmente potrà raggiungere il livello previsto entro la data prevista. Per Confcommercio l’introduzione di questo sistema di riciclo nel nostro Paese sarebbe:
- poco utile, perché esiste già un circuito efficace di raccolta differenziata e di valorizzazione degli imballaggi;
- economicamente dannoso, perché determinerebbe una duplicazione di costi economici e ambientali, in quanto si andrebbe ad affiancare, senza sostituirsi, alle raccolte differenziate tradizionali;
- difficilmente realizzabile, perché verrebbero introdotti gravi problemi di carattere logistico ed organizzativo, dal momento che le imprese (in special modo le micro e piccole) non sono strutturate per gestire gli adempimenti previsti sia per mancanza di spazi sufficienti per accogliere gli imballaggi restituiti dai consumatori, e sia per la difficoltà di gestire i sistemi di contabilità relativi alle fatturazioni del cauzionamento.
Il sistema dovrebbe, semmai, essere adottato solo ed esclusivamente su base volontaria.
L’intervista ad Andrea Segrè
La nuova proposta Ue ha creato molti dubbi. Abbiamo chiesto un parere al professor Andrea Segré, ordinario presso l’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna di Economia circolare e politiche per lo sviluppo sostenibile.
Professor Segrè, quali sono le principali perplessità in merito alla nuova proposta di Regolamento sugli imballaggi?
Così come uscita dal Consiglio del 18 dicembre 2023, la proposta di regolamento PPWR crea più di una perplessità sotto diversi profili: della metodologia tecnico-scientifica; della sicurezza alimentare dal punto di vista igienico-sanitario; della sostenibilità economico-ambientale delle filiere e delle imprese; degli aspetti cognitivo-comportamentali e percettivi del consumatore.
Ce li può spiegare nel dettaglio?
Il primo punto riguarda la metodologia di analisi utilizzata nel recente studio del Join Research Centre della Commissione europea. Riconoscendo l’alta competenza scientifica del Centro di Ricerca di Ispra, è importante considerare che le analisi basate su metodologie come il Life Cycle Assessment (LCA), un metodo analitico che valuta l’impatto ambientale di un prodotto, processo o servizio lungo l’intero suo ciclo di vita, potrebbero differire significativamente se i confini del processo analizzato o gli indicatori ambientali utilizzati nelle simulazioni fossero diversi e il Product Environmental Footprint (PEF), proposto dalla Commissione Europea come approccio comune per valutare gli impatti ambientali nella Raccomandazione 2021/2279, possono essere influenzate da una serie di fattori, inclusi gli indicatori adottati e i confini del sistema considerato. Date le differenze nei contesti ambientali, settoriali e nazionali, potrebbe essere opportuno valutare la possibilità di coinvolgere partner istituzionali locali indipendenti, come università o centri di ricerca, nei singoli Paesi per condurre valutazioni più mirate e adattate ai contesti e scenari specifici. Questo approccio potrebbe contribuire a una comprensione più completa degli impatti ambientali e a decisioni politiche più informate e adattate alle varie realtà regionali e settoriali.
Un secondo elemento riguarda la sicurezza alimentare sotto il profilo igienico-sanitario. Un primo esempio si riscontra nella possibilità data ai consumatori di portare propri contenitori: è evidente che la responsabilità di contenitori non adatti alla conservazione e al trasporto di alimenti dal luogo di acquisto al luogo di consumo, di cui non vi è certezza in merito alla sanificazione, non può ricadere sull’esercente, il rischio di tossinfezioni o contaminazioni derivante da contenitori inadatti o comportamenti non corretti deve essere accuratamente valutato.
Un terzo elemento solleva preoccupazioni sulla sostenibilità economica di alcune proposte all’interno dei vincoli stabiliti dal Consiglio, come il limite di superficie di 100 metri quadrati per gestire gli imballaggi riutilizzabili e la gestione dei depositi. Questo limite potrebbe richiedere uno spazio e un trattamento dedicato, che potrebbero essere difficili da trovare in spazi già limitati.
Ha parlato anche dell’analisi del comportamento del consumatore, perché questo aspetto merita una maggiore importanza?
Capire come il consumatore si comporta rispetto al riutilizzo e al riciclo e qual è la sua percezione in merito agli impatti che i due sistemi hanno, ad esempio se studiato in ottica comparativa nei diversi paesi europei, potrebbe svelare diverse sorprese così come è avvenuto nell’indagine dedicata alle etichette fronte pacco. Le evidenze emerse nei Rapporti 2022 e 2023 dell’Osservatorio Internazionale Waste Watcher, già pubblicati e in corso di pubblicazione, pongono l’attenzione rispetto a quanto sia importante indagare la posizione dei consumatori rispetto a cambiamenti che li riguardano direttamente. Sarebbe dunque molto importante approfondire con un’indagine ad hoc in diversi Paesi europei le conoscenze, l’atteggiamento e la predisposizione dei consumatori rispetto agli elementi e agli impatti che caratterizzano le pratiche di riuso e di riciclo.
Per quanto riguarda l’obbligo del cauzionamento, quali sono le criticità?
Con l’introduzione del cauzionamento, si teme che possa emergere una competizione svantaggiosa tra gli esercizi commerciali e le filiere del riciclo. Senza una regolamentazione e una supervisione adeguate, l’implementazione del cauzionamento potrebbe incoraggiare conflitti anziché collaborazione tra gli attori coinvolti nella gestione dei rifiuti. Inoltre, si evidenziano le complicazioni burocratiche e amministrative derivanti dall’obbligo di registrare separatamente il cauzionamento.
L’attività sindacale
Di seguito i comunicati stampa e i commenti della Confederazione pubblicati nel 2023 a seguito dell’evolversi della bozza di modifica della Direttiva europea che regola gli imballaggi e i rifiuti da imballaggio.
Confcommercio: ”risultato importante per provare a salvaguardare una filiera che vale il 30% del Pil italiano”
“Un risultato importante per provare a salvaguardare una filiera che vale il 30% del Pil italiano“. Questo il commento di Confcommercio dopo che gli emendamenti unitariamente sostenuti dalle associazioni imprenditoriali, dal Governo e dagli Eurodeputati italiani hanno ricevuto giusta attenzione e la spinta al primato del riuso a discapito del riciclo, eccellenza italiana, è stata ragionevolmente contenuta almeno per i Paesi, come l’Italia, che già raggiungono impegnativi obiettivi di riciclo. È stato trovato, infatti, un punto di equilibrio tra riciclo e riuso in funzione del principio di sicurezza alimentare e tutela della salute pubblica, rivedendo l’elenco degli imballaggi monouso vietati dalla Commissione.
L’Europarlamento ha votato una deroga al divieto di utilizzo di imballaggi monouso per frutta e verdura fresca sotto 1,5 kg, nonché confermato l’esclusione del vino e degli spumanti dai target di riutilizzo imposti nella proposta originale della Commissione europea. Bene anche l’ulteriore deroga agli obiettivi di riutilizzo e ricarica per quegli Stati membri che raggiungono l’85% di tasso di raccolta differenziata negli anni 2026 e 2027.
“Positiva poi l’eliminazione – prosegue Confcommercio – dei divieti per l’uso degli imballaggi utilizzati nel settore HORECA, ossia gli imballaggi monouso per alimenti e bevande riempiti e destinati al consumo nei locali e le porzioni individuali di condimenti, conserve, salse, panna da caffè e zucchero“. Per quanto concerne, infine, i sistemi di deposito cauzionale e restituzione, un importante passo in avanti è la riduzione da “almeno 90%” ad “almeno 85% “ del tasso di raccolta differenziata degli imballaggi immessi sul mercato negli anni 2026- 2027. Infatti, i Paesi che raggiungeranno tale soglia possono chiedere di non istituire un sistema di deposito cauzionale e restituzione. “Nonostante si accolga favorevolmente la riduzione della soglia minima riteniamo sia ancora un limite molto alto”.
Il 18 dicembre il Consiglio Ambiente si riunirà per definire l’orientamento generale del Consiglio dell’Unione europea sulla proposta della Commissione. “Auspichiamo in quella sede – conclude Confcommercio – un’ulteriore rivisitazione dell’intero provvedimento, nell’ottica di un maggiore equilibrio e flessibilità, al fine di valorizzare le vocazioni di ciascun Stato membro nel solco della transizione circolare“.
Imballaggi: “Con le nuove norme Ue a rischio intere filiere”
Audizione alla Camera per Confcommercio, Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confcooperative, Federdistribuzione, Casartigiani e CLAAI, sulla Proposta di Regolamento europeo in materia di imballaggi e rifiuti. Le associazione hanno espresso al Parlamento “l’assoluta necessità di fare pressione sulle istituzioni europee per un maggiore buon senso ed
equilibrio nell’introduzione della nuova disciplina”.
“Abbiamo ribadito – si legge in una nota congiunta – l’allarme che deriva dall’applicazione delle nuove norme. Sono molti gli aspetti del provvedimento valutati come critici che, se approvato, rischiano di danneggiare un intero sistema di eccellenza. E’ a rischio oltre il 30% del Prodotto Interno Lordo del Paese, decine di migliaia di imprese e centinaia di migliaia di posti di lavoro. Parliamo dei molteplici settori produttori di imballaggi, i loro fornitori di materie prime, dell’intera industria italiana del riciclo, delle imprese che utilizzano tali imballaggi per commercializzare ed esportare merci in Italia e all’estero, dall’agricoltura a tutte le filiere della produzione alimentare e della ristorazione, dalla cosmetica alla farmaceutica, dai pubblici esercizi al turismo, dalla piccola, media e grande distribuzione organizzata, al vending, alla logistica, ai produttori di macchinari“.
Ciò che più preoccupa della proposta è la mancanza totale di neutralità tecnologica. Il governo si è assunto l’impegno di farsi portatore delle istanze delle imprese. Ma nelle prossime settimane i negoziati istituzionali giungeranno ad una fase decisiva. Le associazioni sottolineano che “in vista del voto in plenaria del Parlamento europeo, previsto per il prossimo 22 novembre, e dell’intenzione della Presidenza spagnola di accelerare ulteriormente il negoziato e far approvare un orientamento generale già al Consiglio ambiente del 18 dicembre, abbiamo ritenuto doveroso richiamare di nuovo l’attenzione delle Istituzioni italiane per i forti timori di pregiudizi irreversibili per l’economia e le filiere strategiche del Paese”.
“Pur condividendo – prosegue la nota – la necessità imprescindibile di lavorare insieme ad obiettivi ambientali sempre più ambiziosi, in questo caso non ci sono evidenze scientifiche che confermano che il riuso sia migliore del riciclo sotto il profilo ambientale, anzi per quanto riguarda i beni alimentari è vero il contrario. Ci sono evidenze scientifiche che dimostrano un maggior consumo di acqua ed energia e le emissioni di CO2 sono nettamente peggiorative. L’Italia è tra i Paesi dell’Unione che, a detta della stessa Commissione, non corre il rischio di mancare gli obiettivi di riciclo né per gli imballaggi, né per i rifiuti urbani. Non si capisce quindi il motivo di penalizzare il riciclo a favore del riuso, sia sotto il profilo ambientale che economico. Le criticità del provvedimento, purtroppo, non sono “limitate” solo al tema del riuso a scapito del riciclo. Sono presenti, infatti, anche divieti di produzione per diverse tipologie di imballaggi monouso”.