Corriere di Romagna (ed. Ravenna-Imola) domenica, 19/06/22
La crisi del pane? «Un fenomeno che va avanti da 50 anni»
Sempre meno pane sulle tavole, e sempre più costoso: colpa di guerra in Ucraina, inflazione e rincaro dei prezzi di farina e energia, sì, ma la situazione attuale è anche il frutto di un mutamento dei costumi
che va avanti da decenni.
A riflettere su questi temi è Giancarlo Ceccolini, presidente del sindacato panificatori artigianali di Confcommercio provinciale.
«Nessuna speculazione – mette subito in chiaro – si tratta di semplice sopravvivenza in un mercato che, fra pandemia, guerra e caro energia, è sempre più difficile. Negli ultimi anni il prezzo del pane era sempre stato stagnante».
Stagnante come i consumi, che anzi sono calati nettamente: e in questo caso non si tratta di una conseguenza degli sconvolgimenti dell’ ordine globale, ma di un cambiamento culturale in atto da decenni: «Se 50 anni fa il consumo di pane era di 400 grammi al giorno pro capite – spiega Ceccolini – oggi ci aggiriamo su 70, 80 grammi».
Insomma, il pane era un alimento imprescindibile per i nonni, meno per i nipoti. Un calo della domanda che ha avuto riflessi diretti anche sull’ offerta: «In provincia di Ravenna le aziende di panificazione sono praticamente dimezzate negli ultimi vent’ anni – prosegue Ceccolini -. Negli anni ’90 erano oltre 200, mentre quest’ anno siamo scesi per la prima volta sotto le 100 unità».
Numeri che dipingono un quadro di crisi, nel quale si inscrive anche la percentuale del grano di origine italiana dal quale vengono poi prodotte le farine: «è il 40% del totale – af ferma il presidente del sindacato panificatori – vuol dire che ci manca una bella fetta».
Una soluzione per il futuro, ormai indicata da più parti, potrebbe essere il ritorno a quella che Ceccolini chiama «la coltura e la cultura del grano», per arrivare almeno a una produzione interna che superi il 50% del fabbisogno. «La riconversione dei campi si può fare e basterebbero pochi anni – ag giunge – e In Italia abbiamo grani di ottima qualità, ma deve essere un’ operazione conveniente anche per gli agricoltori». In questo caso, il dito è puntato nei confronti delle politiche europee sull’ agricoltura: «In questi anni – conclude Ceccolini – abbiamo assistito a uno sperpero di risorse destinate a colture che alla fine venivano distrutte, mentre la globalizzazione dei prezzi e delle forniture rendeva il grano poco conveniente. Ma ora si deve fare di più: le infrastrutture per la produzione di farine, i mulini, ci sono già, e credo che anche gli agricoltori siano pronti».
MICHELE DONATI.