da il Resto del Carlino 10 dicembre 2018
ECONOMIA & LAVORO
Investimenti, infrastrutture e formazione «Il modello Riviera non basta più Ora bisogna puntare sulla qualità»
BOLOGNA «Non dobbiamo adagiarci sugli allori: continuiamo a lavorare e
investire per dare sempre più forza alla filiera». Competitività e qualità, sostegno agli investimenti, infrastrutture e collegamenti, giovani e formazione. E ancora: rigenerazione urbana della costa, rapporto pubblico-privati, lavoro. E’ partendo da questi capisaldi e dagli ultimi numeri sul settore che Mauro Mambelli, vice presidente di Confcommercio Emilia Romagna, traccia un bilancio dell’industria turistica regionale. Con un monito: «Se non rafforziamo e salvaguardiamo quanto di buono fatto, perderemo tutto. Non possiamo permettercelo». Mambelli, cosa dicono i numeri? «Che è cambiato il modo di vedere e pensare il turismo. In tante zone della regione è sempre stato un aspetto satellite, qualcosa di intrinseco ai collegamenti, ai trasporti, al porto. In alcuni casi dava addirittura fastidio, come una presenza scomoda e ingombrante». Oggi? «Oggi parliamo di un’industria fondamentale per l’Emilia-Romagna, capace di rappresentare l’11% del Pil regionale e di portare un contributo a quello nazionale di oltre 16 miliardi di euro (dati forniti da Unioncamere Emilia-Romagna, ndr), con 9.642.541 arrivi e 37.083.901 presenze nei primi nove mesi del 2018. Numeri che non sono una barzelletta». Eppure questo la spinge a dire: bisogna fare di più. «Siamo di fronte a un gran punto di partenza su cui lavorare, ma non bisogna sedersi sugli allori. L’intera industria deve essere saldamente nelle mani di persone competenti che abbiano voglia di progredire. Albergatori, ristoratori, tutti i lavoratori della filiera vanno aiutati: la lista è lunga…». In che modo? «La Regione su questo sta facendo molto. Lo ha detto il governatore Stefano Bonaccini: ci sono milioni di euro già pronti per la riqualificazione e
per le infrastrutture. Non si puo’ pensare di andare avanti e sfruttare il boom positivo degli ultimi anni con attività e servizi che non sono più consone a quello che oggi chiede il mercato». Quali, soprattutto? «Parliamo della Riviera, ma non solo. Anche l’entroterra ha bisogno di un aiuto. C’è la spinta
dell’Amministrazione regionale, ma anche quelle locali possono e devono fare la propria parte». Da cosa si deve partire? «Dalla qualità. Perché se puntiamo sul prezzo ci distruggono, come la Cina sul mercato manifatturiero. Bisogna abbandonare ogni logica quantitativa: le presenze sono un elemento per misurare l’attrattività di un territorio, ma rispetto al passato questo indicatore non è più sufficiente per orientare le politiche del turismo. Il Made in Italy ce l’abbiamo solo noi: per mantenere la qualità alta, bisogna investire». Come? «Diventa necessario avviare una riflessione sulla redditività delle presenze turistiche e sulla loro capacità di creare valore aggiunto. I mercati esteri, con oltre 2,6 milioni di arrivi e quasi 10 milioni di presenze, rappresentano il 27% dei flussi turistici verso la nostra Regione e sono l’asset su cui continuare ad investire per dare prospettiva alla nostra offerta turistica, svincolandola dalle incertezze dell’economia nazionale e dai condizionamenti della domanda interna (fonte: Regione Emilia-Romagna – Dati preliminari al 30 settembre 2018, ndr)». Parliamo della costa: cosa ci dice? «Alla riqualificazione dell’offerta, deve seguire un piano organico di rigenerazione delle destinazioni turistiche per creare nuovi spazi urbani che possano distinguersi per vivibilità, accessibilità, bellezza e sostenibilità ambientale: il progetto di legge sul Distretto turistico della costa, rispetto a cui la Regione impegnerà 20 milioni di euro per la rigenerazione urbana dei Comuni, va in questa direzione. Ma diventa strategico condividere insieme alla Regione e alle Amministrazioni locali gli interventi e le aree oggetto di riqualificazione, favorendo anche le condizioni per una azione di semplificazione amministrativa che possa tradursi in nuove occasioni di investimento». E sulle spiagge, nello specifico? «Bisogna che la situazione si schiodi: la direttiva Bolkenstein (che prevede il rispetto della libera circolazione dei servizi e l’abbattimento delle barriere tra gli Stati dell’Unione europea, ndr) è una spada di Damocle sopra la testa degli imprenditori balneari. Occorre fare chiarezza: queste persone hanno voglia di investire, ma sono bloccate dalla paura che dall’oggi al domani possano vedersi portare via tutto. La direttive consente delle interpretazioni: come Paese dobbiamo ancora scegliere quale strada percorrere». In questo contesto, non si possono trascurare infrastrutture e collegamenti… «Esiste un forte legame fra crescita infrastrutturale e sviluppo turistico: un elemento di fondamentale importanza nella scelta di una destinazione rispetto ad un’altra. La qualità dell’offerta è fortemente condizionata dall’accessibilità della destinazione: va da sé che gli ostacoli alla mobilità si trasformano in ostacoli per il turismo». E la lotta all’abusivismo? «E’ una piaga che si è accentuata negli ultimi anni. Ora l’attenzione sta crescendo da parte di tutti, e anche la guardia di finanza di recente ha messo le mani su situazioni importanti. Oggi attraverso il web in un attimo si puo’ invadere il mondo, è un discorso molto simile a quello che sta succedendo con Airbnb (la piattaforma di affittacamere, ndr). Allo stesso modo la ristorazione, ormai, è da tutte le parti: basta pensare alle tantissime sagre che si spacciano per autentico. Il picco degli abusivi c’è stato soprattutto negli ultimi anni». Cosa serve per il futuro? «Io lo ripeto: investiamo sui giovani, sono una risorsa incredibile. A Milano Marittima abbiamo aperto l’accademia dell’ospitalità intestata a Terenzio Medri. Confcommercio ha pensato proprio a questo: diamo in mano ai nostri ragazzi la possibilità di fare qualcosa un domani. Queste realtà sono rivolte a chi vuole comprendere in maniera più costruita il mestiere, una formazione intensa e mirata, diversa rispetta alle tradizionali scuole alberghiere, sempre valide. Ma per come si sta evolvendo l’industria turistica oggi, sono solo i giovani a garantirci un futuro». Francesco Moroni